LA STORIA
La “strana” S distintiva della Casciotta d’Urbino DOP deriva, con molta probabilità, da un errore di trascrizione del XVI secolo. La svista di un impiegato ministeriale trasformò il termine “cacio” nella sua variante linguistica territoriale, cioè “cascio”.
Al contrario di ciò che si pensa, la specificazione “d’Urbino” non è affatto legata alla città rinascimentale marchigiana, ma al domestico e stretto collaboratore di Michelangelo Buonarroti, cioè Francesco Amatori detto l’Urbino.
Proprio a lui, nel 1554, l’artista aveva chiesto il favore di affittare casa e terreni a Casteldurante, l’attuale Urbania. Così, mentre lavorava alla Piazza del Campidoglio a Roma e alla Basilica di San Pietro in Vaticano, si sarebbe garantito un’abbondante scorta di Casciotta e di altre prelibatezze locali.
FEDERICO DA MONTEFELTRO E IL DUCATO DI URBINO
Quando la protezione degli allevatori e dei pastori locali apre la strada alla DOP.
L’origine della Casciotta d’Urbino DOP risale al XV-XVI secolo e si situa nelle zone dell’Alta Valle del Metauro che, all’epoca, erano governate da Federico da Montefeltro, signore del Ducato di Urbino. Si trattava di un territorio perfetto per l’allevamento sia ovino che bovino, per questo i pastori transumanti che partivano dalla Toscana per arrivare in Puglia vi transitavano spesso.
Per questo, il duca da Montefeltro promosse un bando per agevolare gli allevatori e i pastori locali, contrastando i disordini causati dai transumanti. Iniziò allora una notevole produzione di alimenti che derivavano da allevamento e pastorizia.
La Casciotta divenne distintiva: un formaggio piccolo e tenero, dal sapore di latte fresco e dal profumo aromatico, destinato a diventare un’eccellenza DOP.
MICHELANGELO BUONARROTI E LE “CASCIOTTE DI GUAIMO”
Una storia d’arte e di legami che nascondono passioni.
L’ambasciatore più illustre della Casciotta fu il grande Michelangelo Buonarroti nel XVI secolo. L’artista conosceva bene il Ducato di Urbino e le sue ricchezze gastronomiche perché lì aveva importanti rapporti professionali e di amicizia, tra cui quello profondo e duraturo col suo domestico e collaboratore Francesco Amatori, detto l’Urbino.
I terreni affittati dall’Urbino per conto dell’artista nel 1554 a Casteldurante (attuale Urbania), permisero a Michelangelo di beneficiare a distanza dei prodotti dei suoi terreni ogni volta che l’amico glieli inviava a Roma, facendo attenzione a non dimenticare mai le “casciotte di guaimo”.
Dopo la morte dell’Urbino, fu la vedova Cornelia a inviarle al Maestro insieme a lettere che rivelano un rapporto di affetto intenso e sincero. Nello scambio epistolare dal 1557 al 1561, si scopre non solo che Michelangelo era tanto legato a Cornelia da lasciarle in eredità una parte della casa e da farle doni preziosi, ma anche che la donna ricambiava l’affetto al punto da chiamare Michelangelo il suo ultimogenito.
Nelle lettere è ricorrente la menzione alla Casciotta, talvolta semplicemente come uno dei doni più graditi insieme ad altre prelibatezze (“vi mandiamo sei casciotti de guaimo de peso de livere diece et un presciutto de livere tredece”, 1559), altre volte come allusione a un sentimento indicibile esplicitamente (“Quando tu mi mandasti i caci, mi scrivesti che mi volevi mandar più altre cose”, 1557).
IL “FORMAGGIO DELLA VERGARA” DIVENTA LA CASCIOTTA D’URBINO DOPDAGLI ANNI ’60 AD OGGI: UNA CONSUETUDINE DI SUCCESSO
È tra le mani delle “vergare” che nasce, si tramanda e si afferma la tradizione della Casciotta. Nella società contadina degli anni ’60, nella provincia di Pesaro-Urbino, la consuetudine voleva che il latte delle mucche venisse usato per le colazioni dei bambini, mescolando il restante a quello delle pecore per la produzione del “formaggio della vergara”.
Un mix di latte ovino 70-80% e latte vaccino 30-20% destinato a diventare una consuetudine di successo riconosciuta dalla DOP e a cambiare nome: Casciotta d’Urbino.
Oggi, il Disciplinare della Denominazione di Origine Protetta annovera la Casciotta d’Urbino tra i prodotti tipici italiani assolutamente tracciabili e la rende inimitabile in zone diverse da quelle storiche di produzione.